Massimo

La mia più grande paura, o forse è meglio definirla fobia, è quella di morire.
Vorrei essere più preciso: non è tanto la paura in sé della morte (e delle circostanze più o meno repentine che la precedono), ma dell’idea che il mio pensiero, il mio Io, cessi di esistere.

Se poi penso al fatto che questa situazione sia irreversibile, ovvero che non potrò mai più formulare un pensiero come essere senziente per il resto dell’eternità, mi pervade quella sensazione di vertigine che si percepisce soltanto di fronte a qualcosa di totalmente inconcepibile dalle nostre facoltà mentali.

Quando il mio pensiero viaggia incontrollato nel subconscio mi ritrovo talvolta a formulare in modo latente idee per provare ad evitare questa ineluttabile situazione futura ma, tralasciando soluzioni fantascientifiche non realizzabili al momento della scrittura, non sono ancora stato in grado di trovare una risposta.

Diversi anni fa, sono arrivato a convincermi di un’idea che, seppure non in modo completo, trova una parziale risposta a questo problema. Intendiamoci, non ho ancora scoperto il segreto dell’immortalità, è piuttosto una soluzione che in gergo informatico si potrebbe definire un hack. Insomma una via non convenzionale per ottenere un risultato affine.

Questo pensiero nasce dal fatto che l’essere umano possa generare la vita. Un figlio eredita non soltanto il patrimonio genetico dei genitori, ma la loro storia e quella di tutti gli antenati che li hanno preceduti. É vero, non è possibile continuare a formulare un pensiero senziente tramite il proprio figlio, tuttavia mi piace pensare che in qualche forma la nostra identità possa continuare ad esistere anche dopo di noi. Che ci possa essere un legame che ci renda, in qualche modo, eterni.

Ho sempre pensato che nella mia vita avrei voluto avere un figlio, la cosa più difficile era immaginare quando sarebbe successo, capire quale fosse il momento giusto per me (circa 9 mesi fa ho pubblicato un articolo, intitolato Scegliere si poteva leggere tra le righe che il pensiero latente fosse questo, anche se non penso che in molti l’avessero capito, forse neanche Giulia :)).

La decisione può sembrare facile, una volta che c’è l’intenzione “basta” avere una compagna con cui si ha scelto di costruire un progetto di vita, una casa e uno stipendio per mantenere le spese. Tuttavia le domande più grandi sono relative all’impatto che questo cambiamento avrà sulla nostra vita. Riuscirò a portare avanti ancora tutte le attività che sto svolgendo? Avrò lo stesso tempo da dedicare al mio lavoro? Allo sport, alla lettura? Al sonno?

Ovviamente non sono domande a cui è possibile rispondere prima. Basandosi sui racconti di chi ci è già passato si può facilmente intuire che per un po’ di tempo la nascita di un figlio diventerà il principale impegno e che, come normale che sia, stravolgerà completamente la scala di priorità nel proprio quotidiano. Tuttavia, così come hanno fatto i nostri genitori, ad un certo punto sono convinto che si possa raggiungere una routine che permetta di bilanciare nuovamente le proprie attività ed interessi e le attenzioni che, giustamente, un figlio richiede.

Durante il periodo della gravidanza, che coinvolge tanti cambiamenti e concede il giusto tempo per abituarsi agli stessi, ho continuato a svolgere tutte le mie attività, senza rallentare. Soprattutto ho scelto di non farmi influenzare dalle preoccupazioni e da chi cerca di prepararti in anticipo a quello che ti aspetta. Sono sicuro che molti di loro avranno ragione su tante cose e che certamente diventare padre non sarà facile ma ho deciso di vivere il momento e di abbracciare il cambiamento. Una nuova vita entrerà nella nostra routine, capiremo allora quale sarà il modo migliore per accoglierla e per continuare a portare avanti i nostri obiettivi. Soprattutto voglio godermi la felicità di questo momento.

Negli ultimi anni, man mano mi avvicinavo a questo momento, mi sono sempre chiesto chissà cosa pensavano i miei genitori prima del mio arrivo? Come si sentivano quando sono nato?
Poi ho provato a scavare a ritroso. Cosa pensavano durante l’adolescenza, quali erano i loro sogni, i loro obiettivi? Che tipo di adulti avrebbero immaginato di diventare? Sono domande che non sono mai riuscito a fargli di persona, non so bene neanche il motivo. Credo però che potrei trovare quelle risposte anche scavando dentro di me.

Cambiano in fretta i periodi storici, la tecnologia, le mode, le abitudini, la società. Cambiano molto più lentamente le sensazioni, le emozioni, i sogni, le preoccupazioni, le paure delle persone. Chissà se andando indietro nel tempo potrei ritrovare l’insieme di questi sentimenti che sto provando in mio papà nel giugno del 1990. Nei miei nonni che con dei figli piccoli hanno deciso di lasciare il sud Italia per costruire un progetto di vita a Brescia. O nei miei antenati che hanno vissuto durante l’epoca dell’impero romano. In fondo, tutti loro stanno vivendo dentro di me adesso.

Si può viaggiare con la fantasia e perdersi col pensiero nelle curve del tempo, resta il fatto che non sia possibile rispondere a questa domanda. Ma anche qua, anche se non esiste una soluzione per recuperare il passato, ho provato a trovare un altro hack per aggiustare il futuro. Da fine dicembre ho iniziato a scrivere un diario personale dove parlo in prima persona al figlio che sta per nascere.

Non ho idea se riuscirò a mantenere questa attività con costanza nel corso degli anni. Non so neanche se questo diario arriverà intatto al giorno in cui sarà interessato a leggerlo. Tuttavia è un primo regalo che ho deciso di fargli.
Magari quando sarà in procinto di diventare papà sarà anche lui curioso di scoprire quali fossero le mie sensazioni, le emozioni, i sogni, le preoccupazioni. Le mie paure.

Oggi è il 31/05/2025, mancano 20 giorni al termine. Ho deciso che concluderò questo articolo con poche ultime frasi appena dopo la nascita. Per il momento continuiamo ad aspettare.

Massimo

30/06/2025

Alla fine abbiamo aspettato il massimo possibile, 40 settimane e 10 giorni, prima di poterti stringere tra le nostre braccia.

Con il tuo arrivo mi hai già dato un grande insegnamento: comprendere l’importanza ed il valore che risiede nell’attesa, prima che si trasformi in un’emozione incredibilmente intensa come quella di incrociare per la prima volta il tuo sguardo.

Ironia della sorte, scorrendo stamattina tra i Ricordi di Facebook prima di partire per l’ospedale, trovo una mia foto di 13 anni fa (esatti), dove simpaticamente provavo a replicare me stesso all’infinito con uno specchietto ed una fotocamera.

Sono sempre stato incredibilmente (ed irragionevolmente) fiero di quella fotografia, l’ho sempre considerata uno dei miei classici “colpi di genio”. Al punto che in un commento dell’epoca dichiaravo:

Ritrovarla stamattina l’ho interpretato come un (ironico) segnale del tempo, totalmente da me. Alla fine, in qualche modo, dopo 13 anni ho trovato il modo di clonarmi.

Il tuo nome in latino significa “il più grande” ed oggi ha già dimostrato essere per te un buon auspicio, visti i 55 cm ed i 4.05 kg di peso alla nascita.

Ma non ti preoccupare, non vogliamo metterti troppe aspettative per il futuro, vorrei soltanto augurarti una buona vita.

Benvenuto al mondo,

Massimo.

1 commento su “Massimo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *