Differenza tra startup e azienda tradizionale – caso Industry4.0

Qual è la differenza tra startup e azienda tradizionale?

Questa domanda potrà sembrare banale ad un primo impatto ma oggi vi voglio raccontare un’esperienza personale che mi ha portato a riflettere sulla differenza di base tra le due realtà.

Differenza tra startup e azienda tradizionale
Differenza tra startup e azienda tradizionale

Seppure molte persone saprebbero distinguere una startup da un’azienda tradizionale è evidente come ci sia una grossa differenza tra l’impostazione più diffusa tra i nuovi business in Italia rispetto a quelli che nascono a livello internazionale.

Con questo non voglio dire che in Italia non esistano startup di successo, ad oggi abbiamo tanti esempi di realtà che sono riuscite a scalare a livello internazionale. Risulta però evidente lo sbilanciamento che esiste tra la quantità di aziende che nascono con un’impostazione tradizionale rispetto alle vere e proprie startup, seppure anche le prime possano valere della qualifica di “startup innovativa“.

Non voglio anticipare troppo il discorso, andiamo per gradi.

Prologo – Caso Industry 4.0

Chi mi segue dagli inizi sicuramente saprà che sono un assiduo lettore di newsletter in ambito tecnologia, innovazione e business. Rappresentano per me uno strumento essenziale per tenermi aggiornato ed alimentare il generatore di idee che risiede nella mia testa.

Tra le varie che seguo c’è NotBoring, di Packy McCormick, un investitore americano che opera nell’ambito startup e si interessa di progetti di innovazione e di nuove tendenze tecnologiche. A cadenza settimanale pubblica dei lunghi articoli di approfondimento su specifiche aziende analizzandole a 360°.

Lo scorso lunedì ha pubblicato questo articolo su Hadrian una startup che promette di salvare il declino industriale americano garantendo agli Stati Uniti gli strumenti necessari per vincere la seconda conquista dello spazio (dopo l’atterraggio sulla Luna) attraverso la realizzazione di industrie altamente automatizzate ed efficienti.

L’articolo di NotBoring è molto dettagliato e ricopre tutti gli argomenti necessari per comprendere il contesto, il problema che si vuole risolvere, la soluzione proposta, come si vuole raggiungere l’obiettivo e attraverso quali mezzi. Se avete un paio di ore da investire vi consiglio di leggerlo, altrimenti vi basterà proseguire nelle prossime righe per comprendere i punti che voglio trattare.

Durante la lettura mi è sembrato di leggere dei temi molto familiari riguardo l’ottimizzazione delle risorse e l’interconnessione tra i macchinari industriali ed il software che dirige l’avanzamento della produzione. Più proseguivo e più mi rendevo conto che la tecnologia che Hadrian vuole sviluppare è l’Industry 4.0.

A Brescia vantiamo un grandissimo background industriale e i nostri ingegneri lavorano nelle più grandi fabbriche italiane ed estere. Inoltre in Italia, così come in diverse altre nazioni europee, sono stati promossi negli ultimi anni degli importanti piani di innovazione per l’industria accelerando l’adozione di tecnologie informatiche per l’aumento dell’efficienza e l’ottimizzazione dei costi.

Impostazione differente

Potrete immaginare che addentrandomi in quell’articolo, che glorificava la visione e la tecnologia delle aziende del futuro, mi sembrava di essere ad una lezione universitaria in cui veniva insegnata la tabellina del 9.

Se scorrete fino in fondo nel link potrete scovare in coda un mio commento perplesso:

Il mio commento perplesso

In Italia ci sono molte aziende che realizzano e vendono software MES (Manufacturing Execution System). Questa tipologia di software è presente dagli anni ’90 e con il tempo si è evoluta andando ad integrarsi sempre di più con l’automazione industriale, fornendo al reparto produttivo uno strumento fondamentale per scandire il processo manifatturiero.

Inoltre, le collaborazioni che si sono sviluppate tra le industrie e i produttori di MES hanno permesso in molti casi di personalizzare ed ottimizzare sempre di più il processo produttivo attraverso accorgimenti mirati peculiari per lo specifico settore.

Continuavo a non comprendere che cosa potesse proporre di differente questa startup (che ha già raccolto investimenti per $90 M) rispetto alle varie aziende italiane che realizzano ed integrano MES.

Non soddisfatto ho deciso di dormirci sopra e, come è ben noto, la notte porta consiglio.

Il giorno dopo mi sono reso conto che a livello tecnologico non esiste nessuna differenza. Volendo dirla tutta, sono sicuro che le migliori aziende che sviluppano MES italiane siano molto più avanzate di Hadrian allo stato attuale, la quale sta acquisendo talenti da tutto il mondo per sviluppare la tecnologia che vuole proporre al mercato.

La differenza sta nell’impostazione. Ho realizzato che Hadrian non sta sviluppando un MES per un singolo cliente con la speranza e l’intento di venderlo poi anche ad altre aziende. Hadrian sta provando a diventare un’azienda che crea stabilimenti produttivi totalmente integrati con il software e sulla base delle necessità specifiche di chi deve creare un impianto produttivo.

Come raggiungere questo obiettivo

Per ottenere questo risultato, oltre a grandi competenze e capacità di esecuzione, ci vogliono tanti soldi (ndr. and thanks to the D…).

I soldi servono per acquisire figure che abbiano già maturato esperienza in quest’ambito che spazia dall’industria all’informatica e dall’automazione alla meccanica.

Il loro obiettivo è quello di ottimizzare il processo di realizzazione di un’industria moderna che sia nativamente integrata con il software e che sfrutti l’automazione industriale e la conoscenza di settore per ridurre i costi, migliorare la qualità ed ottimizzare i tempi di produzione.

Ovviamente questo percorso non è facile e presenta una certa probabilità di fallimento, ma qualora Hadrian riuscisse nel suo intento diventerebbe la soluzione meno costosa per chiunque dovesse realizzare un impianto produttivo.

Diventa evidente ora la differenza di impostazione tra questa startup ed un’azienda che sviluppa un software, seppure altamente tecnologico, ma punta a venderlo a singoli clienti lavorando sulle verticalizzazioni.

L’impostazione che sta adottando Hadrian, così come quella di tante altre startup che hanno ottenuto il successo a livello mondiale, gli permette di raggiungere un’economia di scala.

Differenza tra startup e azienda tradizionale

Riprendendo il discorso iniziale, forti dell’esempio appena descritto, risulta evidente come tante aziende e startup italiane non adottino una strategia commerciale che abbia come obiettivo quello di scalare il proprio business.

Nella maggior parte dei casi si lavora ad esaurimento di risorse, ovvero si punta a prendere un numero sufficiente di clienti fino a quando non si è carichi di lavoro, provando a crescere, un passo alla volta, all’aumentare dei clienti e delle risorse interne.

Per intenderci, nessuno sostiene che questo sia un metodo sbagliato, ci sono aziende che lavorando con questa modalità operativa sono cresciute in modo sano e continuo nel tempo. È evidente però che aziende che hanno sviluppato grandi tecnologie e competenze, con un’impostazione differente, potrebbero ottenere risultati economici di gran lunga migliori.

Probabilmente in Italia siamo prettamente legati ad una tradizione imprenditoriale che non è abituata a ragionare su economie di scala per questo particolare settore tecnologico e quindi non predilige l’investimento di capitali negli stessi, non comprendendo le potenzialità che potrebbero avere.

Caratteristiche di una startup

Per comprendere a fondo le differenze tra una startup ed un’azienda tradizionale mi rifaccio alla definizione di startup presente in un articolo di Startup Geeks, community di cui sono mentor (leggete pure l’articolo completo per avere una visione d’insieme, prenderò alcuni estratti per concludere il tema che sto trattando in questo post).

Mi piace partire da questa citazione di Paul Graham:

“Una startup è una società concepita per crescere velocemente.” 

E aggiungere: a discapito dalle probabilità di successo, che ammettono anche il fallimento.

Già da questo si capisce quale sia la differenza di impostazione rispetto ad un’azienda tradizionale la quale ha come scopo primario quello di rimanere in vita.

Le caratteristiche principali sono le seguenti:

  • Scalabilità: la capacità di vendere un prodotto o servizio in modo esponenziale e non direttamente correlato alla quantità di risorse interne all’azienda.
  • Replicabilità: la possibilità di esportare e replicare lo stesso modello di business in altre nazioni.
  • Innovazione: la capacità di fare innovazione di prodotto o di processo nel settore in cui ci si vuole inserire.
  • Temporaneità: la startup è il periodo iniziale di crescita e definizione di un’attività imprenditoriale. Una volta raggiunti gli obiettivi cambia anche l’impostazione.

Tante nuove imprese che nascono in Italia come “startup innovative” adottano un’impostazione tradizionale e non rispettano queste caratteristiche. Anche se riusciranno a validare e a vendere il prodotto spesso si trovano in una situazione in cui, per la natura dello stesso, il numero di clienti necessita di una quantità proporzionale di risorse interne, rendendo impossibile ottenere la scalabilità.

Bisogna quindi tenere sempre in considerazione quando si analizza un business quale sia l’impostazione. Il settore e la tipologia di prodotto potrebbero anche essere identici ma l’organizzazione e l’esecuzione dell’attività imprenditoriale differenziano una startup da un’azienda tradizionale.

Vedrai: un esempio nostrano

Anche in Italia, per la precisione a Brescia, ci sono startup che nascono con l’obiettivo di scalare e conquistare il mercato.

È il caso di Vedrai che propone uno strumento di intelligenza artificiale rivolto alle PMI con lo scopo di supportare le scelte direzionali attraverso l’utilizzo di sistemi previsionali (suggerisco di approfondire sul loro sito).

La startup è stata fondata nel 2020 da Michele Grazioli, giovane imprenditore con competenze economiche, di sviluppo software e di intelligenza artificiale, che nonostante l’età aveva già ottenuto dei risultati sviluppando software rivolti alle aziende.

La startup è stata fondata con un capitale sociale considerevole (grazie alle esperienze imprenditoriali pregresse del fondatore) e già nel 2021 è riuscita ad ottenere un seed round (primo investimento per una startup in fase iniziale) di € 5M, ben al di sopra rispetto alla media italiana.

Sinceramente quando ho letto questa notizia nel 2021 sono rimasto sorpreso. In un mercato molto tradizionale, come quello dello sviluppo software per aziende in Italia, mi sembrava strano vedere una soluzione così innovativa ed in grado di ottenere subito grandi capitali di investimento.

Il mercato sta però dimostrando che l’impostazione data a Vedrai può portare ottimi risultati in termini di crescita. Oltre all’innovazione che porta nelle PMI il team di Vedrai ha scelto di provare a scalare con il proprio prodotto all’interno di un mercato che fino ad oggi ha sempre visto dei player più tradizionali.

Non possiamo sapere ad oggi se questa startup riuscirà a conquistare il mercato e raggiungere gli obiettivi che si è prefissata. Sicuramente la crescita ottenuta finora sta dando conferma alle scelte prese. Ne è un’ulteriore dimostrazione il secondo giro di finanziamenti, chiuso all’inizio di questo mese, di € 40M che permetterà alla startup di completare la strutturazione interna e continuare a scalare il proprio business sui clienti.

Concludendo

Ho deciso di scrivere questo articolo perché ho trovato un filo comune tra diverse tematiche in cui mi sono imbattuto nell’ultimo periodo.

Con questo articolo non sto inventando niente di nuovo, come ho già anticipato nelle prime frasi: molte persone saprebbero distinguere una startup da un’azienda tradizionale.

Eppure tante volte trovo utile fermarmi a focalizzare dei macro-temi e formalizzarli partendo da esempi concreti, al fine di delineare dei pattern che possano poi essere applicati nuovamente in altri contesti.

Non pretendo di insegnare a nessuno quale sia la differenza tra startup e azienda tradizionale ma vedo continuamente tantissime startup che in realtà hanno un’impostazione che per natura non gli permette di scalare. Se vogliamo permettere all’ecosistema startup italiano di compiere il salto di qualità definitivo dobbiamo seguire l’esempio di chi già ce l’ha fatta, sia esso d’oltreoceano o nostrano, come la bresciana Vedrai e tante altre ancora.

Non bastano la ricerca e l’innovazione tecnologica, in cui siamo tra i più brillanti al mondo, bisogna imparare a fare startup.

Spero che questo articolo possa essere d’aiuto a qualcuno, così come lo è stato per me razionalizzare e formalizzare questi contenuti. Per qualsiasi dubbio, domanda o critica non esitate a contattarmi.

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Toplus.

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